La Civiltà dell’amore

V PASQUA C

At 14, 21-27; Sal 144; Ap 21, 1-5; Gv 13, 31-33. 34-35

LA CIVILTA’ DELL’AMORE

Tempo fa, nel corso di un’altra omelia, ho rivolto questa domanda, alla quale non si doveva dare una risposta, ma serviva a far riflettere.

La domanda era questa: quando è stata l’ultima volta che abbiamo detto a Dio, ti amo…

Si, perchè Dio si può temere, adorare, obbedire per diverse ragioni, ma lo specifico giudeo cristiano è, prima di tutto il resto, amare Dio! (ascolta Israele…Amerai il Signore tuo Dio). Nella nostra religione Dio ha creato l’uomo e lo ha chiamato a una comunione d’amore con Lui.

Questa domenica, sollecitato anche dal tema delle letture, rivolgo un’altra domanda che spinge alla riflessione. La domanda è questa: amo il fatello?

Si, perchè le due cose, ci dice il Vangelo, non possono essere disgiunte: la prova che amiamo Dio è amare i fratelli e amare i fratelli è amarli perchè amiamo Dio, non perchè ne possiamo trarre un qualsiasi tipo di beneficio, un vantaggio, uno strumento per la realizzazione del nostro progetto di vita. Già in passato qualche filosofo ha detto che l’uomo deve essere trattato come fine e mai come mezzo.

Il punto sul quale le letture ci invitano a riflettere è se amo i miei simili, se faccio tutto quello che è nelle mie possibilità per renderlo felice, farlo sentire realizzato, importante.

Alla base del fallimento di qualsivoglia relazione tra persone, c’è l’errata impostazione di questa affermazione filosofica, anche nel matrimonio e nella stessa relazione con Dio..

A me sembra che il mondo di oggi e la società in cui ci troviamo a vivere, si serva del fratello, più che servire il fratello, che il fratello venga in qualche modo asservito a noi, al nostro egoismo, al nostro piacere, al nostro possedere.

La Pasqua che stiamo ancora vivendo come un’unica celebrazione, segna il passaggio dalla schiavitù dell’egoismo alla libertà dell’altruismo.

La Pasqua che stiamo celebrando segna il passaggio dall’ “allontana da me questo calice”, al “non come voglio io, ma come vuoi tu”.

Qualcuno potrebbe dire, ma questo significa rinunciare ad essere al centro della mia realizzazione, significa spogliarsi, dimenticarsi per mettere l’altro al primo posto nella mia vita, significa rinunciare alla propria personalità.

Non ho risposte mie, ma le prendo immeritatamente in prestito dal Vangelo: chi perderà la sua vita la troverà, ma chi vorrà salvare (da se stesso) la sua vita la perderà;

Se amate il padre e la madre più di me non siete degni di me. Se amiamo troppo in modo sbagliato la nostra vita, tanto da metterla sempre al primo posto su tutti e su tutto, anche su Dio, l’abbiamo vissuta inutilmente.

S. Paolo, ad un certo punto della sua vita dice:

Se rimanere in vita può essere di aiuto alle Chiese, rimando il mio desiderio di essere sciolto da questa vita per essere con il Signore, mettendo il bene delel Chiese, prima del suo desideri di essere con il Signore. Per fa ciò occorre una grande personalità, altro che perdere la personalità.

La grazia della Pasqua getta, allora, una luce nuova, un “comandamento nuovo” amarsi gli uni gli altri, non solo perchè è la prova provata che amiamo Dio, ma perchè da questo amore reciproco dipende anche l’evangelizzazione: tutti sapranno che siete miei discepoli, se vi amate l’un l’altro.

Un “regno” diviso in se stesso è debole, non può stare in piedi, un Chiesa divisa in se stessa, non serve nei confronti di coloro a cui vorremmo portare la nostra testimonianza. Possiamo dare tutte le nostre riccheze, dice S. Paolo, ed essere bruciati per amore di Cristo, ma se non ho la carità, non serve a nulla. Possiamo essere impegnati in mille modi per amore di Dio, ma se non cia miamo l’un l’altro, sarà fatica sprecata. La prima testimonianza che il mondo lacerato in mille conflitti, politici, economici, etici, ecc, si aspetta è l’amore per i fratelli, da questo poi arriverà a Dio.

(differenza tra metodo deduttivo e induttivo).

A ben ragione allora capiamo perchè amare Dio e i fratelli sia il primo e secondo comandamento, il compendio di tutti gli altri comandamenti. Se mancano questi due crolla tutto l’edificio dei comandamenti.

Se amo Dio non lo offendo, lo onoro, lo lodo;

Se amo il fratello non lo uccido, non rubo aglia ltri, non gli faccio nessun male e nessun torto.

Amiamoci, dunque, con quell’amore che viene da Dio e che Gesù ci ha mostrato con la sua incarnazione, morte e resurrezione. La Pasqua che stiamo celebrando è ancora in azione e lo sarà sino al ritorno di Gesù. Immaginiamo questo ritorno di Gesù, dentro una comunità, una società, un mondo in cui tutti si vogliano bene. Che festa!

Siccome non sappiamo il tempo e l’ora del suo ritorno, facciamo ognuno la nostra parte per avvicinarci alla visione della Gerusalemme di Giovanni, nella quale non ci sarà più né dolore né pianto, ma tutte le cose saranno rinnovate, in quella che Papa Paolo VI ha chiamato la civiltà dell’amore.

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