Il terremoto, il vento, il fuoco…la brezza leggera

XIX DOMENICA TO A 23

1 Re 19,9a.11-13a; Sal 84; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33

 

La prima Lettura e il Vangelo, ci parlano in modi diversi di due esperienze umane di Dio, diverse, ma conciliabili e concordanti.

La prima, quella vissuta dal profeta Elia, è una manifestazione individuale di Dio nella leggerezza della brezza, lontana dalle grandi manifestazioni eclatanti rappresentate dal vento, dal terremoto, dal fuoco…nulla di tutto ciò è indicativo della presenza di Dio.

Se analizziamo la lettura in questione, Elia è un uomo in viaggio, che dopo una giornata di cammino cerca un riparo nella caverna per passarvi la notte.

Dov’è diretto Elia…?

Lo possiamo sapere leggendo i capitoli precedenti alla lettura scelta per questa liturgia.

Elia aveva sconfitto i 450 profeti pagani della regina Gezabele, la quale aveva giurato e comandato che Elia fosse ucciso.

Elia è un uomo impaurito, è un fuggitivo, si allontana il più possibile da quella minaccia e ha rimostranze anche con Dio, che lo aveva inviato a sconfiggere i profeti pagani. Il suo sconforto è così grande da desiderare la morte e non essere più profeta del Signore… il suo allontanamento dai luoghi sotto l’influenza della regina Gezabele, in realtà sono un allontanamento da Dio stesso, è sfiduciato non vuole più profetare per conto di Dio, vuole morire, dunque in quel terremoto interiore, in quel vento di tempesta che attraversa il suo animo, non trova pace, non trova Dio.

Entrando nella caverna, rientra in se stesso, nel silenzio della notte la leggera brezza gli permette di risentire Dio, che lo incoraggia e lo rianima e gli dice di ritornare su suoi passi. La storia continua…se vi viene voglia di leggerla lo farete per conto vostro, io mi fermo su questo brano che abbiamo ascoltato.

Chissà quanti di noi abbiamo vissuto o stiamo vivendo momenti di scoraggiamento, di crisi di fede, di allontanamento dal Signore. Nel nostro cuore c’è come un terremoto, un vento impetuoso, un fuoco bruciante, non troviamo pace e  a causa di ciò non troviamo conforto nemmeno nella fede in Dio.

Occorre fare come Elia, entrare nella caverna della propria interiorità, mettersi in ascolto e percepire il soave rumore della brezza che parla, che ci dice di ritornare sui nostri passi, di non temere.

A questo punto mi riallaccio alla seconda esperienza di Dio vissuta dai discepoli, un’esperienza comunitaria. Anche loro sono nel travaglio, si trovano in mezzo al lago in tempesta e Gesù non è con loro.

Gesù va loro incontro camminando sulle acque, riuscendo così a cavalcare le onde delle difficoltà che il mare della vita ci presenta.

Perché Gesù è in grado di domare i tumulti e gli affanni della vita?

Perché ha passato la notte in preghiera, perché ha coltivato la sua unione con il Padre.

Anche se noi non possiamo cambiare le alterne vicende della vita,  che ci danno pensiero, ci tolgono il sonno, ci amareggiano il cuore anche di fronte a un Dio che sembra non essere presente, possiamo però domarle e gestirle, possiamo continuare a vivere in mezzo ai travagli della vita se coltiviamo la nostra comunione con il Padre, con Dio, che ci manda in mezzo al mondo, come grano tra la zizzania, come seme sparso tra le spine, come luce e sale del mondo, perché il mondo veda che Dio è con noi, l’Emmanuele, il quale ci dice di avere fede, una fede autentica, matura, profonda che non teme le onde del mare in qui viviamo.

Buona domenica

 

 

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