Amare all’infinito

XXIV DOMENICA TO A 23

Sir 27,30-28,9; Sal 102; Rm 14,7-9; Mt 18,21-35

 

La prima lettura e il vangelo di oggi ci presentano una misura della fede ben superiore alla finitezza umana.

La Parola che ascoltiamo proviene da un Essere infinito, quindi senza misura, gli ascoltatori di ogni tempo, invece, sono esseri finiti, limitati. Allora di fronte alla grandezza della proposta di fede, lìuomo si trova davanti a due scelte: negare l’esistenza di un valore infinito oppure spaventarsi così tanto da ritenerlo impossibile, nutrendo anche sensi di colpa per non riuscire a praticare un ideale così tanto alto e irraggiungibile.

Siamo fatti così, diamo un termine alle nostre capacità e nello stesso tempo rimaniamo affascinati da una così alta proposta di amore.

Perché subiamo questo effetto così contrastante…

Siamo esseri umani finiti, ma creati da un amore infinito, creati a immagine e somiglianza di Dio infinito, ecco perché pur riconoscendo i nostri limiti, ci ammalia l’idea di poter amare come Lui. Platone diceva che noi conosciamo la realtà che ci circonda, perché conserviamo in noi le idee madri del mondo iperuranio da cui proveniamo.

C’è un timbro indelebile dentro di noi che è l’immagine di Dio, la Sua icona stampata nella parte più profonda del nostro essere, senza la quale non saremo quello che siamo: immagine di Dio!

Allora, più che scoraggiarci o rimanere delusi e con i sensi di colpa

per non riuscire a praticare ideali così nobili e alti, ricordiamoci che, nonostante il nostro limite umano, Dio ci ha creati per volare e non per razzolare.

Dio non può toglierci il limite creaturale, ma ci invita a spostarlo sempre più avanti: non sette (il limite umano), ma settanta volte sette (la misura divina).

 

 

 

 

 

La responsabilità dei cristiani di fronte al Vangelo e ai fratelli non ancora illuminati dalla luce della fede è enorme. Le controtestimonianze smentiscono sul piano dei fatti ogni sforzo di evangelizzazione e compromettono la credibilità stessa del Vangelo.

 

 

vi sono dei pastori che bramano sentirsi chiamare pastori, ma non vogliono compiere i doveri dei pastori,

 

 

il primo capo di accusa contro tali pastori: essi pascono se stessi e non il gregge.

 

Tutti infatti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2, 21).
Tutti infatti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2, 21).
 

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